Sintesi Storica Rovigliano Alfonsina Campanella Sistema Difensivo

 

LE TORRI "SARACENE" sintesi storica di Mario Muscari Tomajoli

La costruzione di "osservazioni fortificate" è riportata fin da Plutarco (125-50 a.C.) e fu realizzata anche dai Romani, il cui commercio venne messo in crisi dai pirati sino al 67 a.C., quando la legge Gabinia consentì a Pompeo di armare una flotta contro i predoni e rendere tranquillo il Mare Nostrum.

Dopo il crollo dell’Impero Romano, il territorio italiano divenne preda delle popolazioni germaniche. Le coste dell’Italia meridionale vennero sistematicamente attaccate, sia dalle coste africane (Vandali), che dai Visigoti (Spagna, Francia occidentale). Gli attacchi si intensificarono nel 632, dopo la morte di Maometto, quando l’Islam iniziò la sua espansione verso l’occidente.

Fu così che le fortificazioni costiere si fecero sempre più numerose, soprattutto dopo il IX secolo. Le Torri si svilupparono più o meno contemporaneamente in tutti gli stati della penisola, ma la maggior quantità di Torri venne realizzata nel Regno di Napoli, quello più esposto alle scorrerie, e, soprattutto, in Penisola Sorrentina e nel Cilento.

I primi a ideare un sistema permanente di segnalazione e di difesa, per mezzo di Torri collocate in modo che da ognuna fossero visibili la precedente e la successiva, furono gli Angioini (1266–1442) e la loro opera fu continuata dagli Aragonesi (1442-1503). La realizzazione fu solo parziale, anche a causa dei cambiamenti politici, e finì per passare sotto il controllo dei feudatari e dei privati, proteggendo i territori, più che le popolazioni. I pirati, quindi, potevano ancora compiere le loro incursioni pressoché indisturbati: tristemente famoso, all’epoca del dominio aragonese, è il saccheggio di Otranto del 1480, descritto da Maria Corti nel suo L’Ora di Tutti.

E’ solo nella prima metà del XVI secolo che si comincia ad apprezzare una reale organizzazione delle strutture difensive costiere. A partire dal 1532, sotto l’impero di Carlo V, il viceré di Napoli don Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, marchese di Villafranca del Bierzo (1532-1553), iniziò la costruzione di Torri costiere presidiate da militari muniti di catapulte ed armi da fuoco, tra cui almeno un cannone posto all’esterno. La realizzazione delle Torri si rendeva necessaria per le continue scorrerie di corsari come Khayr al-Dîn, detto Ariadeno Barbarossa, e Tabach Rais (Thorgud, Fabach Rais, Tabaco Arraez di Lattakia - Al Ladhiqiash, nell’attuale Siria), detto Dragut. La realizzazione del progetto fu rallentata, sia perché gravava interamente sui singoli comuni impoveriti dalle guerre, sia perché l’attenzione era rivolta alla guerra contro i Francesi. In tale conflitto, seppe astutamente inserirsi Solimano il Magnifico, il quale, dopo essersi alleato con il re francese Francesco I contro l’imperatore spagnolo Carlo V, attaccò la Spagna e i suoi viceregni dell’Italia meridionale e della Sicilia. Il 12 luglio del 1552 venne distrutta Camerota. Il 15 luglio dello stesso anno, Dragut assediò, addirittura, Napoli e a nulla servirono le quaranta galee e i tremila fanti tedeschi con cui accorse, a difesa della città, Andrea Doria: il 10 agosto, Pedro de Toledo fu costretto ad offrire a Dragut duecentomila ducati perché togliesse l’assedio.

L’insufficienza del sistema di difesa venne ulteriormente provata qualche anno dopo, vicerè Juan Manrique de Lara (6 giugno-10 ottobre 1558): il 13 giugno 1558, il turco Pyaly Mustafà, istigato dai francesi, alla guida di una flotta di oltre 100 galere, sbarcò  con duemila uomini sulla marina del Cantone e, con una manovra a tenaglia, condotta, sia per mare, che attraverso le colline, attaccò Massalubrense e Sorrento, rapendo 4mila persone e razziando tutta la costa fino a Torre del Greco. Numerosi abitanti delle due città furono deportati sull’isola di Procida per essere essere liberati solo in cambio di un riscatto.

Nell’ottobre del 1558, dopo pochi mesi dal suo insediamento, Juan Manrique de Lara fu sostituito da un luogotenente generale, Bartolomé de la Cueva d’Albuquerque (1558-1559) e, successivamente, dal viceré don Pedro Afàn Enríquez de Ribera y Portocarrero (1559-1571), duca di Alcalà, sotto il re Filippo II di Spagna. Anche al nuovo vicerè, apparve evidente che le scorrerie saracene erano favorite dalla mancanza di Torri di avvistamento e di una flotta.

Durante il suo viceregno, caratterizzato da una totale indifferenza nei confronti delle sofferenze dei sudditi, ebbe l’unico merito di organizzare la lotta al banditismo (un bandito, detto "Re Morcone", aveva ai suoi ordini ben 1500 uomini) ed alla pirateria. Con un editto del 1563, organizzò la flotta napoletana e impose ai  "giustizieri provinciali" di completare, a spese delle singole "università" (Le universitas erano i comuni dell’Italia meridionale, sorti sotto la dominazione longobarda e poi infeudati con la dominazione dei Normanni), il sistema difensivo costiero con una serie di Torri litoranee a pianta quadrata e in vista l’una dall’altra lungo tutte le coste meridionali affinché vedendo fuste facessero fuoco di continuo e che tutte dette Torri dovessero corrispondere l’una con l’altra nel tirar mascoli  et nel far foco…. acciò che il Regno fosse sicuro dai corsari, per cui tutte le Università del Regno pagano per ciascun fuoco 7 grani e un cavalluccio, che è la dodicesima parte di un grano. Però le terre che son distanti dalla marina 12 miglia pagano la metà di detto pagamento, il quale ascende a ducati 25.348 l’anno.

La fusta o galeotta era un tipo di galea più sottile, leggera e veloce e caratterizzata da un minor pescaggio rispetto alla classica galea da guerra, detta galea sottile. Il mascolo è la parte posteriore amovibile degli antichi cannoni a retrocarica.. La prima moneta con il nome di "grano" fu un piccolo pezzo di rame battuto dal re aragonese Ferdinando I (Ferrante) di Napoli (1458-1494) a Napoli. Il grano valeva 12 cavalli. Il tarì valeva 20 grana. In seguito il grano fu la principale frazione della piastra. Una piastra valeva 120 grana ed un carlino ne valeva 10. Nel regno di Napoli, sotto Carlo III (1734-1759), il sistema monetario era così organizzato:

Piastra  Tarì  Carlino  Grano  Tornese  Cavallo

1 6 12 120 240 1440

Nell’editto del 1563, si stabiliva, altresì: che non si dovesse costruire alcuna opera senza ilconsenso della Real Corte; che regi ingegneri avrebbero individuato le località adatte alla costruzione di una catena ininterrotta di fortificazioni per tutto il Regno; che le fortificazioni esistenti ritenute a giudizio di esperti  di pubblica utilità dovevano essere espropriate dietro indennizzo; che le spese della costruzione sarebbero state imputate alle Università cointeressate in proporzione alla popolazione. Ove possibile, erano previsti servizi di ronda a cavallo, da torre a torre, effettuati dai cosiddetti  "cavallari" o " Torrieri".  

Tra gli architetti chiamati a realizzarli, si rammenta il celebre Benvenuto Tortelli.

Fu così che, di circa 700 Torri costruite sulle coste italiane, circa 350 furono costruite lungo le coste del Regno di Napoli, da Gaeta all’Abruzzo, e ben 50 vennero erette in penisola sorrentina. Sette Torri furono costruite tra Salerno ed Agropoli e, nel 1566, venne disposta la costruzione di Torri tra Agropoli e la Calabria, tra cui tre nel territorio di Palinuro.

Anche stavolta, i governatori delle province trovarono ostacolo alla realizzazione delle Torri a causa del criterio di ripartizione delle spese: molte università infatti, lamentavano che lo Stato non si facesse carico di alcun onere e che le proporzioni fossero falsate da censimenti non veritieri. Nonostante questo, nel 1567, avvenne l’imposizione di una tassa di 22 grana per tutti i fuochi del Regno, con l’esclusione, stavolta completa, delle città distanti dalla costa oltre 12 miglia, sicché, nel giro di pochi anni, la fabbricazione delle Torri venne finalmente avviata e, in parte, completata. Nel 1570, la Regia Camera impose una nuova imposta di 22 grana per pagare gli equipaggiamenti e gli stipendi alle vedette, nonché per la manutenzione delle fortezze.

Altre Torri vennero realizzate negli anni Ottanta, con una nuova tassazione.

 "fuoco" era la famiglia intesa come unità di calcolo per l’applicazione dell’imposta focatica, che ebbe vasta diffusione nell’Europa medievale e moderna. Nel Regno di Napoli, fu istituita da Carlo I D’Angiò nel 1263. Tale imposta rimase, con vicende alterne, in vigore per lungo tempo: in tempi recenti, con la denominazione di "imposta di famiglia".

Pedro de Ribera morì a Napoli nel 1571. Per il completamento del sistema di Torri, sarebbero occorsi altri 30 anni.

Una relazione del 1590 elenca, nel Regno, 339 Torri . Esse formavano un sistema ancora discontinuo e presentavano segni di cedimento, sia per gli scadenti materiali di costruzione, che per la cattiva esecuzione dei lavori o per l’incauta collocazione alla foce di fiumi (!), o per l’incuria dei Torrieri e dei cavallari (malpagati), o perché danneggiate o distrutte dai saraceni. La gestione delle Torri è emblematica dell’amministrazione spagnola, che vedeva il viceregno come un limone da spremere. Infine, c’erano le gelosie tra i differenti viceré…. Nel 1594, l’ambasciatore di Firenze racconta che queste fortezze sono state ormai riedificate tante volte perché il viceré del Regno e altri ministri hanno avuto, quasi d’ordinario, per fine, di far ruinare quelle che ha fatto l’altro, e di nuovo, secondo il suo parere, far riedificare. Il che non è meno d’incredibile spesa alle città del Regno (…) che si sia di comodità ai ministri di arricchirsi. Nulla di nuovo sotto il sole….

Ancora un tassazione, nel 1594, consentì la costruzione di altre Torri rimaste in sospeso.

Il sistema di Torri, iniziato nel 1563, fu completato solo nel 1601.

Le Torri si dividevano in due grandi categorie:

- le Torri di difesa sorgevano vicino ai centri abitati ed erano provviste di una guarnigione armata. A seconda delle dimensioni, erano dotate di due, quattro o sei pezzi di artiglieria di medio calibro

- le Torri di guardia o di avvistamento (guardiole), più piccole, con pochi uomini di guardia ed un solo cannone, erano disposte sulle alture, oppure lungo la costa, spesso in località difficilmente raggiungibili, ma in ottima posizione per sorvegliare molte miglia di mare. ogni torre era in vista delle due limitrofe, in modo da poter comunicare, sia durante il giorno (segnali di fumo) che di notte (con l’accensione di fuochi). Il numero di fuochi corrispondeva a quello delle navi in arrivo e la fumata, (nei limiti delpossibile…..) era rivolta nella direzione da cui queste provenivano. entrambi i tipi di segnalazione erano preceduti da un suono di campana.

E’ possibile distinguere:

-        Torri angioine, più antiche, di forma cilindrica, con basamento a tronco di cono che rappresenta i 2/3 dell’altezza dell’intera torre ed è sormontato da una cordonatura (redondone o toro) di tufo grigio in piperno (roccia vulcanica proveniente dalle cave napoletane poste ai piedi dei Camaldoli) o materiale simile, e mura poco spesse. Avevano funzione, essenzialmente "di avvistamento"

-        Torri aragonesi, più basse, a pianta quadrata con volte a crociera e muratura più spessa sul lato esterno. La merlatura delle Torri e quella delle cortine dovevano avere la stessa altezza, "per evitare il tiro delle artiglierie sui corpi di fabbrica emergenti". Gli aragonesi diminuirono d’altezza le Torri angioine, sia demolendo i coronamenti superiori, sia innalzando il livello del terreno alla base delle Torri stesse.

-        Torri del periodo vicereale, simili alle precedenti, a pianta quadrata, con basamento a scarpa, mura provviste di feritoie e spesse oltre 3 metri, particolarmente sui lati rivolti verso il mare, e sormontate da una terrazza delimitata da merlature.

Fu l’avvento dell’artiglieria a segnare il passaggio dalla forma circolare a quella quadrata, per meglio resistere alle cannonate. Le nuove Torri, costruite con criteri più moderni, erano così in grado di assolvere a funzioni di avvistamento, riparo ed anche offesa. Talvolta, due o più Torri venivano unite da ballatoi. L’ingresso veniva aperto sul lato a monte, al piano superiore (3-6 m. di altezza) e poteva essere dotato di una scala retraibile., anziché in muratura.

Nel contesto di questo schema, si registra un’ampia varietà di realizzazioni, soprattutto in costiera sorrentina, ove dovevano adattarsi a un terreno accidentato: la Torre di Rovigliano, oggi in rovina, ad esempio, si presenta più bassa e con una base più larga rispetto alle altre Torri, ed è circondata da una serie di garitte, terrazze e punti di avvistamento che si confondono con la roccia.

 Anche questo progetto difensivo, come tanti altri nella storia (esempi illustri sono rappresentati dalla Linea Maginot e dalla Muraglia Cinese), si dimostrò inadeguato, sia per la carenze dei fondi, sia per le liti dei paesi chiamati a contribuire, sia per il lungo periodo (quasi un secolo) che occorse per il suo completamento. A rendere pressoché inutile il sistema giunse, circa dieci anni dopo l’avvio di queste costruzioni, la battaglia di Lepanto, nel corso della quale l’intera flotta turca venne distrutta.

Questa barriera si dimostrò inadeguata anche per la mancanza di una flotta di appoggio e non valse a scongiurare le incursioni. Molti marinai scelsero di difendersi, a volte da soli, a volte, come i corallari Torresi (nel Cinquecento pescavano il corallo nei mari di Ponza, della Sardegna e della Corsica), assumendo soldati di professione.

A partire dal secolo successivo, cominciarono ad essere abbandonate o cedute a privati che le trasformarono e ne cambiarono la destinazione. Alcune divennero posti di Dogana, su altre venne installato il telegrafo ad asta, costituito da un braccio rotante recante, alle estremità, due bracci minori; il sistema era in grado di assumere configurazioni corrispondenti a lettere, numeri e ordini di servizio. Le Torri divennero, così, "Torri Semaforiche", ma, con l’avvento del telegrafo elettrico, finirono, con poche eccezioni, per essere abbandonate all’indifferenza e all’incuria: un nemico ancora più pericoloso di quello dei tempi passati. Mentre quelle più isolate sono, spesso, ridotte a ruderi, le Torri inglobate nei centri urbani sono state ristrutturate e destinate ad abitazione, non sempre mantenendo le forme e le dimensioni originali. Le Torri possono essere apprezzate, anche lungo la fascia collinare, particolarmente nel territorio lubrense, che era quello più esposto agli attacchi, e in quello di Camerota.

Questo sistema difensivo di avvistamento resiste, ancora oggi, sulle nostre coste. In ogni caso, le Torri, o quel che ne resta, rappresentano importanti punti di riferimento per chi va per mare ed hanno dato il nome a molti luoghi. Da un censimento del 1748, risultavano presenti, dal litorale domiziano a quello  cilentano, ben 136 Torri: un patrimonio archeologico perfettamente integrato in uno scenario di bellezza incomparabile.