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, uno dei siti più belli e appassionati Un po’ di Storia . . . A circa cinquecento metri dalla foce del fiume Sarno e ben visibile dalla costa, sorge l’isolotto di Rovigliano. Si suppone che su di esso, in tempi remoti risalenti ad epoca romana, fu costruito un tempio in onore di Ercole suo fondatore. Testimonianze in merito, le troviamo in uno scritto dello storico Gaio Plinio Secondo (Como 23 - Stabia 79) detto “Plinio il Vecchio”, che nel libro XXXII ,8, dell’opera Historia Naturalis, riporta:“…in Stabiano Campaniae ad Herculis petram melanuri in mari panem abiectum rapiunt, iidem ad nullum cibum, in quo hamus sit, accedunt”. (allo Scoglio di Ercole i melanuri, oggi “pesci tordo”, mangiano il pane gettato in mare, ma, non si accostano a nessun cibo infisso sull’amo).
Una storia d’oggi . . .
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Ormai giunti a meno di trenta metri dall’isolotto, saggiamente l’amico Alfredo da esperto marinaio locale, nel tratto di mare in cui si riversa il fiume Sarno, decise di issare in barca il motore e di proseguire a remi, poiché, il mare torbido antistante l’Isolotto, cela le insidie di numerosi spuntoni di roccia che affiorano a pelo d’acqua. Nonostante la cautela del vogatore, però, non fu possibile evitare l’urto con delle rocce per nulla visibili. Questa difficoltà, aggiunta ad una leggera risacca non ci permise di approdare su quel lato dello Scoglio, per cui andammo alla ricerca di un punto di sbarco meno difficoltoso. |
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Fummo però accolti, da un gran numero di gabbiani, attualmente i soli ed unici abitanti dello scoglio. Queste immobili ed attente sentinelle, diligentemente allineate in posizione guardinga, per qualche istante rievocarono alla mia mente i trascorsi bellicosi del luogo. Sotto la costante ed attenta sorveglianza dei diffidenti pennuti, mettemmo piede sulla celeberrima “Herculis petram”. |
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Legata la “Nannina” ad una salda roccia ed armati della sola fidata macchina fotografica, muovemmo i primi passi d’esplorazione. Le sorprese non tardarono a venire, infatti, in bella vista ad attenderci trovammo una rampa di circa venti gradini, interamente in piperno, dalla cui base, purtroppo, per chissà quale scopo, sono stati completamente espiantati i primi elementi di pedata, probabilmente portati via, poiché dei suddetti, non vi è rimasta minima traccia. Lo scalone ancora praticabile, porta ad un pianale dal quale è possibile vedere la costa (lato fiume Sarno). |
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Abbandonati i pensieri da libro giallo, mi ritrovai dinanzi alla torre della fortezza, dalla caratteristica forma quadrangolare. Le quattro pareti che la compongono, sono in pietra calcarea, ma è ben evidente da quel che resta delle altre opere in muratura, che lo Scoglio sia stato abitato in diverse epoche, poiché sono stati utilizzati differenti materiali da costruzione (roccia calcarea, tufo giallo, tufo grigio, mattoni rossi pieni grezzi), attualmente imprigionati nella struttura. Giuseppe richiamò la nostra attenzione, facendoci notare l’opus reticulatum, senza dubbio l’opera più antica del sito (vedi cenni storici). |
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Valutammo la possibilità di entrare nella fortezza, ma viste le precarie condizioni e la non lontana possibilità di crollo della struttura, evitammo questo inutile rischio limitandoci ad ammirarne la bellezza dall’esterno. Contemplammo in silenzio le antiche muraglie erose dal tempo, delle quali, a causa dei marosi e dell’incuria dell’uomo, si sta’ perdendo traccia. Dopo qualche ora, pienamente soddisfatti per l’escursione compiuta, decidemmo di far ritorno. Raggiunta la “Nannina”, lentamente ci allontanammo dall’insenatura dello Scoglio, dal quale ritrassi un ultimo scorcio pittoresco |